Carlo Giuliani: una morte cercata
Di fronte alla "sentenza" di archiviazione dell'inchiesta sulla morte di Carlo Giuliani, si può provare un senso di sgomento ma certo non è lecito restare sorpresi.
L'assassinio di Carlo si va ad aggiungere a una lunga teoria di morti ammazzati per mano "pubblica" che non hanno avuto giustizia. Il libro curato da Paola Staccioli (In ordine pubblico, supplemento a "l'Unità", "Il Manifesto", "Liberazione", "Carta") ne estrae e presenta una decina di casi esemplari, ma l'elenco è molto più folto e nutrito. Perché sorprendersi dunque?
L'uccisione di manifestanti "contro" sia nella forma della strage (Portella delle Ginestre, per esempio), che in quella delle uccisioni di singoli o gruppi (i morti del luglio 1960), è una costante della storia del nostro Paese dal dopoguerra a oggi, scandisce con il ritmo lugubre della morte i vari tentativi di restaurazione del fascismo, di colpi di stato, o la velleità di bloccare la "rivoluzione culturale" in atto negli anni '70.
Abbinata allo stragismo e al terrorismo di destra (stragi) o delle BR (obiettivi individuali, in genere sindacalisti riformisti) la storia d'Italia degli ultimi cinquant'anni si è trascinata in una scia di sangue della quale una importante fetta di responsabilità cade sui responsabili dell'ordine pubblico, e un'altra sulle complicità offerte dai cosiddetti "servizi" e la cecità volontaria di molti magistrati la cui volontà di accertamento è spesso inversamente proporzionale al desiderio di allineamento sulle direttive ministeriale.
Figuriamoci dunque quale verità poteva venire accertata in un caso come quello di Carlo, inserito in una prodigiosa quanto prevedibile provocazione condotta in prima persona dal ministro dell'interno e sulla quale, con molta probabilità si sono inserite le velleità autoritarie di altre "autorità" vere e abusate che hanno voluto cercare l'occasione per rivelare il volto del governo.
Dal "noleggio" di black block veri e presunti (nazi block) per devastare la città, alla carica dei settori più fascisti della PS, dalla presenza del vice premier fascista Fini in cabina di regia, all'utilizzo delle trovate (molotov ecc) di quel genio del comandante dei PS romani per la provocazione e i pestaggi nella scuola. Insomma, possiamo persino dire che forse, l'episodio dell'omicidio di Carlo, inserito in quel coacervo di spaventose provocazioni, appare come il meno volontario e cercato. Anche se tutta la preparazione all'evento sembrava predisposta verso una tragedia annunciata. Anche se resta come una traccia rossa e colpevole l'incredibile ricostruzione dei "periti" circa il tortuoso percorso della pallottola prima di andare a conficcarsi nel volto di Carlo.
Non si tratta di cose nuove, le istruttorie su Roberto Franceschi e Giannino Zibecchi, tanto per citarne due, non hanno portato a risultati diversi.
Gli assassini o non si trovano o vengono assolti. E tuttavia qualcosa di diverso c'è. Leggendo i fatti di allora alla luce delle farneticazioni del "premier" di oggi non si può non collegarli a un crescendo di tentativi, a diversi livelli, di dare spallate al nostro sistema democratico. Tentativi ancora più pericolosi perché portati da un piduista (come i generali argentini) armato di una grande maggioranza in parlamento. Carlo, colui che nessuno ha ucciso, è dunque la prima vittima di questi tentativi di imporre un regime autoritario, insieme a D'Antona ("vittima di un regolamento di conti a sinistra", cit. da S.Berlusconi) e Biagi, "il rompicoglioni", come lo definirono Scajola e oggi lo stesso Berlusconi.
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