2020_12_20 un nuovo murales per Claudio e Giannino
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Domenica 20 Dicembre 2020 11:16 |
Un nuovo murales per Claudio e Giannino
Il Centro Sociale Autogestito Vittoria ha voluto onorare la memoria di Claudio e Giannino con questo importante murales
Ciao,
sono Alessandro del CSA Vittoria. Le foto e il materiale che mi hai girato di Claudio e Giannino hanno dato i loro frutti e questo è quello che ne è uscito.
Un bel murales di cui andiamo orgogliosi, nel giardino interno del Centro. Abbiamo anche deciso di integrare un testo in cui abbiamo provato a riassumere tutto il nostro trasporto per questi nostri due compagni, un trasporto che intreccia cuore e testa, un trasporto forgiato dalla medesima ideologia. Un testo partigiano perchè Claudio e Giannino sono partigiani!
Grazie per il materiale.
Ti riporto qui sotto il testo integrato nel murales e poi ti mando il link della pagina sul nostro sito.
Ci sono storie di compagne e compagni che col tempo invece di svanire fluiscono, avvolgono e si estendono nel cuore, nelle idee e nell'immaginario di altre donne e uomini.
Il loro ricordo crea radici, suscita coraggio, impone bisogni di unità e solidarietà di classe, rincuora nella resistenza.
Questo può avvenire solo grazie alla potenza degli stessi ideali che ci uniscono nonostante la separazione, alla potenza dello stesso immaginario: un mondo di liberi ed uguali senza più sfruttati e sfruttatori.
Noi siamo tutte le compagne i compagni caduti, Claudio e Giannino siamo noi, siamo noi i loro compagni che non hanno abbassato le armi della dialettica marxista di fronte alla corruzione capitalista di questo nostro mondo, siamo noi ancora di fronte ai cancelli delle fabbriche in sciopero, siamo noi ancora e sempre per una Palestina libera e rossa, siamo noi contro il patriarcato e qualsiasi forma di sessismo ne derivi, siamo noi che rivendichiamo e rivendicheremo sempre la violenza contro gli sfruttatori e prevaricatori in ogni parte del mondo. Siamo noi per sempre antifascisti, siamo noi coi popoli che si ribellano, siamo per la rivoluzione comunista, siamo tutte le compagne e i compagni caduti, siamo noi…Claudio e Giannino.
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CON PIERO SCARAMUCCI SE NE VA UN GRANDE
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Venerdì 13 Settembre 2019 00:00 |
Ci sono scomparse che ti scuotono di più di altre, un’ovvietà, ma la morte di Piero Scaramucci è una di quelle che ti toglie il fiato, come una botta fortissima al petto. Perché Piero era un pezzo importante della storia civile di questo Paese, della sua storia bella. Una di quelle persone che vorresti avere conosciuto prima perché avresti imparato di più, ti avrebbe dato tanto. Soprattutto con l’esempio.
Potrebbe servire una parola sola: rigore. Un giornalista di altissimo livello, con un istinto innato che lo collocava sempre perfettamente al centro della notizia, che sapeva raccontare con parole semplici e sempre efficaci, un caparbio analista capace di indagare, approfondire e restituire in modo che chiunque potesse comprendere. Raffinato e colto ma assolutamente popolare, aveva la dote di andare al cuore del problema con immediatezza. E con una serietà e onestà intellettuale che nel mondo del giornalismo è ormai merce rara.
Una persona netta, senza mezzi termini e anche pacata, con una bella dose di ironia che ti raggiungeva lieve ma che comprendevi quanto fosse anche severa: gli occhi avevano un certo bagliore che ti comunicava la ferrea convinzione che prendersi troppo sul serio fosse un grave errore.
Piero Scaramucci è stato un pezzo fondamentale del giornalismo a Milano e in Italia. Dal Gazzettino Padano in radio alla televisione, per poi inventarsi e dirigere Radiopopolare. Coniugava il rigore professionale con un credo politico profondo sempre dalla parte giusta – quella degli umili, degli oppressi – e sempre con la stella polare dell’antifascismo. È grazie a quelli come Piero se nel 1969 si costruì un fronte di informazione capace di smascherare le trame golpiste che presero le mosse dalla strage di Piazza Fontana. Dal bollettino di controinformazione bcd al libro La strage di Stato il suo contributo è stato fondamentale, anche per costruire coesione tra i giornalisti che avevano deciso di tenere la schiena dritta, rifiutare le veline delle questure – guidate da rottami del regime fascista – e contribuire in modo fondamentale al disvelamento della realtà delle trame fasciste e di stato.
Ricordiamo bene la sua attenzione e disponibilità quando si celebrò il processo per l’uccisione di Giannino Zibecchi. Gli abbiamo portato in Rai il filmato che dimostrava come la cariche dei camion dei carabinieri fossero deliberate e tese a investire i dimostrati e lui le ha mandate in onda, più volte. Non tutti lo avrebbero fatto.
Piero Scaramucci non ha mai smesso di portare il suo contributo alla battaglia antifascista, sia nell’Anpi che nelle mille occasioni di iniziative politiche e di confronto a cui ha sempre partecipato.
Dire che ci mancherà è una banalità. Mancherà a tutti quanti hanno a cuore la civiltà, il senso di umanità, ma anche la bellezza delle cose dette chiare e semplici e in faccia, senza doppiezze.
Oggi siamo più poveri, perché ci mancherà il suo contributo, la sua arguzia, la sua lucidità e la sua voglia indefessa di non darla vinta a chi tifa per il sopruso e l’oppressione. Speriamo che si trovi il modo di raccontare a quanti più giovani possibile la sua figura e la sua storia. Sarebbe un bel modo per ricordarlo. |
Un abbraccio a Giulio Stocchi
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Mercoledì 10 Aprile 2019 09:07 |
Giulio Stocchi è stato una presenza stabile nel nostro mondo da oltre quarant’anni, un punto di riferimento fisso. Lo ha scritto lui stesso, il suo essere poeta gli è venuto fuori pian piano, quasi con fatica. E il nostro mondo non era così immediatamente ricettivo a una forma di espressione particolare come la poesia.
Eppure lui sapeva come arrivare alla sensibilità delle persone, sapeva toccare il cuore. Le sue parole sembravano essere un immediato complemento a quanto uno sentiva nel suo intimo. La forza di un letterato, scrittore o poeta che sia, è essere capace di dire cose che ognuno sente come sue, parole che uno riconosce immediatamente, ci si ritrova.
Giulio era questo, sia che parlasse delle nostre lotte sulle strade della Nuova Resistenza, cantando la nostra epopea in ideale collegamento con quella partigiana, sia che interpretasse i grandi temi ideali internazionali. Il suo contributo letterario alla Cantata Rossa per Tal El Zataar – con le musiche di Gaetano Liguori – è un capolavoro dolente e potente.
E anche negli anni successivi, quando tutto è cambiato, quando il fiume potente della lotta popolare per un mondo migliore si è prosciugato, Giulio non si è mai defilato. Non è cambiato, non si è normalizzato. È rimasto quel meraviglioso ragazzo fresco, poetico appunto, qualcuno potrebbe dire ingenuo. Ma di quella fresca ingenuità abbiamo avuto, abbiamo e avremo tanto bisogno.
Per questo ci mancherai Giulio, tanto.
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Martedì 03 Aprile 2018 00:00 |
A PROPOSITO DI UN ASSASSINO
Qualche giorno fa è morto Antonio Braggion, l’assassino di Claudio Varalli nell’aprile 1975, quello che porta anche la responsabilità di avere causato il clima di estrema tensione in cui sono maturate le uccisioni di Giannino Zibecchi a Milano, Rodolfo Boschi a Firenze, Tonino Miccichè a Torino. Senza il primo omicidio non ci sarebbero stati gli altri. Non proprio una responsabilità da niente.
Anche quando muore un essere spregevole come Braggion la morte va accolta con compostezza, ma anche senza ipocrisia. La nostra Associazione dal 1975 lavora per tenere vivo il ricordo di Claudio Varalli e Giannino Zibecchi e conosciamo bene la storia di Braggion e la sua responsabilità. In questi giorni abbiamo letto ricostruzioni di quei fatti di 43 anni fa che definire approssimative è dire poco. Soprattutto perché tendono ad accreditare la tesi della legittima difesa e, cosa ancora più clamorosa, affermano che l’assassino avrebbe espiato la pena per la quale è stato condannato (eccesso colposo di legittima difesa). In entrambi i casi si tratta di affermazioni clamorosamente false.
La pallottola sparata da Braggion ha colpito Varalli alla nuca, quindi mentre stava scappando per mettersi in salvo e non mentre lo aggrediva. L’assassino, invece, dopo una latitanza di tre anni, è stato in galera per soli otto mesi nel 1978, quindi scarcerato per problemi di salute: che però non gli hanno impedito di costruirsi una vita e una carriera di avvocato per 43 anni senza pagare nulla per il suo omicidio.
Ora la sua vicenda umana si è conclusa. Non proviamo dispiacere. Un assassino fascista resta sempre un assassino fascista, anche dopo morto.
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