I fascisti sono sempre gli stessi e come potrebbero cambiare? La loro ragione d’essere è l’aggressione e il tentativo di impedire agli altri di esprimere le proprie idee e di organizzare le proprie iniziative. Se dovessero articolare anche un primitivo pensiero inciamperebbero rovinosamente e allora meglio rifugiarsi nell’unico mestiere che conoscono: la violenza.
E questa semplice realtà si è mostrata chiara il 29 aprile.
Memoria Antifascista, con l’adesione della Camera del lavoro, l’Anpi, Zona 3 per la Costituzione, Adesso Basta, Circolo Arci 26x1, Centro culturale Punto Rosso aveva infatti organizzato una manifestazione in ricordo di Gaetano Amoroso: un antifascista ucciso nel 1976 in via Uberti (zona Dateo) da un gruppo di fascisti usciti dalla sezione del Msi di via Guerrini. Il programma dell’iniziativa prevedeva la posa di una corona alla lapide intestata ad Amoroso e un convegno allo Spazio Guicciardini.
In preda all’isteria, tutti i gruppi fascisti milanesi e i loro rappresentanti all’interno del Pdl hanno cominciato a gridare alla provocazione, sostenendo in pratica che il 29 aprile la città deve essere riservata a loro soltanto, per il ricordo del loro camerata Sergio Ramelli. Ricordo che ogni anno, e questo non ha fatto eccezione, si traduce in una parata nazista che sembra tratta da un film tedesco anni Trenta.
Abbiamo dovuto accettare la forzatura della Questura anticipando alle 17 la posa della corona, ma poi alla sera un gruppo di fascisti di Forza Nuova, capitanati dal loro candidato sindaco Mantovani, ha assaltato la sede del dibattito. Tutta la via era presidiata da blindati di polizia e carabinieri che hanno fatto tranquillamente passare gli squadristi fino alla porta di ingresso e fingendo indifferenza per una decina di minuti. Chi ha qualche anno di esperienza non si stupisce. Anche quando iniziò il movimento degli studenti negli anni Sessanta le squadracce fasciste erano usate come forza d’urto per intimidire, picchiare, impedire le iniziative, sempre tollerati e apertamente protetti dalle cosiddette forze dell’ordine.
Oggi la situazione si sta riproponendo con inquietanti analogie. Allora è necessario fare qualche riflessione. Nessuno si fa intimidire, ci vuole altro che venti teste vuote per fermare gli antifascisti a Milano. Ma è evidente l’urgenza di coinvolgere il più ampio ventaglio di forze politiche e sociali per avviare iniziative politiche capillari che aiutino, soprattutto i giovani, a comprendere quale grave rischio sia sottovalutare il fenomeno dello squadrismo e dell’ideologia neofascista rinascenti.
È questo il compito che ci aspetta nei prossimi mesi, per creare le condizioni politiche e culturali per isolare questi gruppi che non hanno diritto di cittadinanza nella città medaglia d’oro della Resistenza.
I muri della sala guicciardini la mattina del 29 aprile 2011