TRENT'ANNI. UNA VITA FA
MOSTRA FOTOGRAFICA
allestita nell'aprile 2005 presso
C.S.A. LEONCAVALLO DI MILANO
La fotografia italiana fra la seconda metà degli anni
Sessanta e per tutti gli anni
Settanta si allarga a un interesse che non si limita agli addetti
ai lavori. Nel
dopoguerra, usciti dal limbo autarchico in cui il regime fascista
aveva relegato il paese,
i fotoamatori avevano dibattuto dividendosi fra quanti legavano
la fotografia a una
neutralità artistica di stampo crociano e quanti la vedevano
impegnata a descrivere la
realtà con un taglio sociale. Lontani da ogni teorizzazione,
invece, i fotografi
professionisti si erano gettati sul reportage legandosi alle molte
riviste nate per un
pubblico sempre più interessato: Il Mondo di
Mario Pannunzio impaginava dando
alla fotografia un ruolo principe, quello stesso che avrebbe poi
utilizzato LEspresso
di Eugenio Scalfari, Tempo, LEuropeo
e Epoca (che Mondadori aveva voluto far
somigliare allamericano Life fin nei caratteri
della testata) proponevano reportage di
ampio respiro. Da quella fucina nacquero autori importanti
da Gianni Berengo Gardin
a Fulvio Roiter, da Uliano Lucas a Ferdinando Scianna, da Carla
Cerati a Luciano
DAlessandro, da Mario De Biasi a Tazio Secchiaroli, da Franco
Pinna a Giorgio Lotti
che seguivano le tracce lasciate dai primi grandi fotografi come
Giancolombo, Federico
Patellani, Tullio Farabola, Fedele Toscani, Tino Petrelli che
avevano caratterizzato il
reportage dellimmediato dopoguerra.
La guerra del Vietnam fu loccasione per far comprendere,
però, che la fotografia
poteva essere non solo uno strumento di indagine sulla realtà,
ma anche di vera e
propria lotta: se ne accorsero i vertici militari statunitensi
che, in un primo tempo ben
disposti a lasciare spazio ai fotografi nella convinzione che
condividessero la loro
ideologia di giusta guerra, si accorsero poi che i
fotografi contribuivano a far
conoscere al mondo i delitti e i massacri di cui levoluta
società occidentale si stava
macchiando. Fu così che la passione per la fotografia,
soprattutto quella in bianconero
che ognuno poteva stampare a casa propria, si diffuse a macchia
dolio: chi poteva si
comprava le costose e meravigliose Nikon F usate dai reporter
di guerra, chi aveva
pochi soldi in tasca ripiegava sulle Zenit, pesanti ma efficienti
fotocamere russe. Questa
la ragione per cui gli anni delle lotte iniziate verso la fine
degli anni Sessanta (un po
prima del canonico 68) furono oggetto di una documentazione
ampia e minuziosa: la
nascita di molte testate militanti aumentò la richiesta
di immagini fotografiche e molti
iniziarono in tal modo la loro carriera professionale.
Una mostra come quella qui presentata non serve solo a raccontare
le lotte e il
coraggio di quegli anni, ma anche lo sviluppo di una forma espressiva
che stava
conoscendo una stagione di interesse di massa. Non a caso, infatti,
sono qui accostate
le immagini dei molti autori che lavoravano con spirito militante
e quelle di alcuni
fotografi che erano già grandi Silvestre Loconsolo,
Tano DAmico, Tranquillo Casiraghi,
Carla Cerati, Giovanni Giovannetti, Alberto Roveri, Aldo Bonasia,
Carlo Cerchioli che si
mostravano capaci di cogliere lo spirito di quanto accadeva con
grande acume. Come in
altri campi, questo era il segno della saldatura fra una élite
intellettuale e un grande
movimento di massa, saldatura grazie alla quale si sono scritte
pagine importanti utili
non solo a ricostruire storicamente quanto avvenuto ma anche a
riflettere con
intelligenza sullintensità di quegli anni belli e
tragici.
Roberto Mutti